Gli scontri di una "guerra fredda"

La rivalità tra USA e URSS non si trasformò mai in scontro globale (anche per la paura delle armi atomiche in possesso di entrambe le potenze), ma prese la forma di una continua “corsa agli armamenti” e di una contrapposizione locale costante a cui si diede il nome di “guerra fredda”.

  1. Guerra di Corea (1950-53). La Penisola Coreana, sottratta ai Giapponesi sconfitti, venne divisa lungo il 38° parallelo: a Nord un governo amico dell'URSS, a Sud uno amico degli USA. La Corea del Nord invase la Corea del Sud e si arrivò ad uno scontro diretto tra le superpotenze, che per fortuna non venne esteso al resto dell'Asia. Provocò oltre un milione di vittime. La Corea è tuttora divisa.

  2. Costruzione del Muro di Berlino (1961). Per impedire la fuga dei cittadini dalla zona Est, le autorità della Repubblica Democratica fecero costruire un muro che separava la città, “crollato” solo nel 1989.

  3. Crisi di Cuba (1961-62). Nell'isola, che per la sua posizione strategica era controllata dagli USA, un movimento rivoluzionario di sinistra, guidato da Fidel Castro ed Ernesto “Che” Guevara, sconfisse una dittatura militare. Gli USA appoggiarono un colpo di stato che fallì, mentre l'URSS pose sull'isola alcune basi di missili nucleari. Si sfiorò un altro conflitto, ma si giunse ad un accordo: ritiro delle basi sovietiche in cambio dell'impegno USA a rispettare il governo rivoluzionario. Rimase l'embargo economico.

  4. Guerra del Vietnam (1964-73). Indipendente dalla Francia nel 1954, la regione venne divisa in Vietnam del Nord (regime comunista appoggiato dall'URSS) e Vietnam del Sud (dittatura militare appoggiata dagli USA). Nel Sud nacque un movimento di liberazione (“vietcong”), appoggiato dal Nord. Gli USA intervennero con le loro truppe, ma non riuscirono a fermare la guerriglia dei partigiani. Anche per le pressioni dell'opinione pubblica americana (contestazione studentesca del '68), gli USA si ritirarono e il Vietnam si unificò (1976) sotto un regime comunista.

  5. Rivolte dei Paesi dell'Est. Nei Paesi appartenenti al Patto di Varsavia e sottomessi all'URSS, nacquero movimenti di opposizione contro i regimi comunisti che non concedevano libertà individuali, né benessere economico.

    Nel 1956 in Ungheria i carri armati sovietici repressero una insurrezione popolare che chiedeva libertà e una posizione di neutralità tra USA e URSS.

    Nel 1968 a Praga, capitale della Cecoslovacchia, i dirigenti comunisti attuarono un rinnovamento (“primavera di Praga”): aumentavano il rispetto dei diritti umani e ammettevano la proprietà privata.

    Ancora una volta l'esercito sovietico represse il movimento.

La “guerra fredda”, che si era in parte attenuata dopo la morte di Stalin (1953), terminerà solo con il dissolvimento del regime comunista in URSS agli inizi degli Anni Novanta.





Il secondo dopoguerra

La pace e le “zone di influenza”

Terminata la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati vincitori (USA, URSS, Regno Unito e Francia) si incontrarono a Potsdam (vicino a Berlino) e decisero di dividere l'Europa in due “zone di influenza”.

La zona orientale, liberata dall'Armata Rossa, sarebbe rimasta sotto il controllo dell'URSS mentre quella occidentale, liberata dagli Alleati, sotto il controllo degli USA.

Decisero anche le sorti degli sconfitti.

  • Divisero la Germania in quattro zone controllate dai rispettivi eserciti; stessa sorte toccò alla capitale Berlino. Avviarono inoltre un processo internazionale (“Processo di Norimberga”) contro i capi del nazismo, accusati di crimini contro l'umanità, concluso con la condanna a morte di 12 capi nazisti.

  • Al Giappone vennero sottratte tutte le terre conquistate prima e dopo la guerra e gli USA occuparono l'isola (fino al 1952). Imposero una nuova costituzione che prevedeva la smilitarizzazione del Paese.

  • Con l'Italia venne stipulato un trattato di pace che prevedeva perdite di territori a ovest e a est (Istria, Fiume, Dalmazia – Trieste fino al 1954) e di tutte le colonie.

Riorganizzarono infine la Società delle Nazioni, ora chiamata Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), con sede a New York, con un “governo” (Consiglio di Sicurezza) composto da USA, URSS, Regno Unito, Francia e Cina. Ciascuno ha tuttora diritto di veto, cioè di bloccare con un solo voto le decisioni.

Le “due superpotenze” e la divisione dell'Europa

Solo gli USA e l'URSS erano usciti davvero vincitori dalla Seconda Guerra Mondiale, con un'economia ancora in grado di funzionare ed eccezionali armamenti: si cominciò a parlare delle “due superpotenze”.

Erano però due sistemi profondamente diversi:

  • gli USA erano una democrazia con un'economia capitalista;

  • l'URSS era uno stato totalitario con un'economia comunista.

Così, ben presto, la collaborazione per combattere il nazismo avviata durante la guerra, lasciò il posto ad una reciproca diffidenza e il mondo si divise un due schieramenti contrapposi (i “due blocchi”): Stati alleati degli USA, Stati alleati dell'URSS.

Nell'immediato dopoguerra gli USA, temendo l'espansione del comunismo, proposero all'Europa stremata dalla guerra un piano di aiuti economici (“Piano Marshall”), rifiutato però dai Paesi controllati dall'URSS che temeva influenze politiche.



Dopo pochi anni gli schieramenti si consolidarono:

  • nel 1949 gli Stati dell'Europa occidente sottoscrissero con gli USA il Patto Atlantico per una reciproca assistenza militare ed economica, fondando la NATO;

  • gli Stati dell'Europa orientale sottoscrissero con l'URSS nel 1955 un analogo accordo (Patto di Varsavia).

La comunicazione tra le due regioni europee divenne difficilissima.

La II Guerra Mondiale in Italia

La fine del fascismo e l'armistizio

Il regime fascista cominciò a perdere il consenso della gente dopo le sconfitte militari, soprattutto in Nord Africa e in Russia, e l'inizio dei bombardamenti di USA e Regno Unito sulle città italiane.

Nel 1943 iniziarono varie forme di protesta:

  • alcuni scioperi (allora vietati) nel Nord Italia ;

  • la ripresa dell'attività di propaganda clandestina da parte dei partiti politici (messi fuori legge);

  • disaccordi tra i capi (“gerarchi”) dello stesso Partito Fascista.

Quando nel luglio 1943 USA e Regno Unito sbarcarono in Sicilia senza trovare resistenza, i capi del Fascismo pensarono di trattare con i nemici, ma Mussolini si oppose. I gerarchi allora, d'accordo col re Vittorio Emanuele III, votarono un documento (la “mozione Grandi”) con la quale si toglieva fiducia al “duce”.

Il re di conseguenza affidò il governo al gen. Badoglio e fece arrestare Mussolini perché non guidasse una reazione fascista.

Badoglio, proclamandosi ancora alleato della Germania, si accordò segretamente con gli avversari per raggiungere un armistizio. L'8 settembre 1943 tale accordo venne reso pubblico: immediatamente il territorio dell'Italia, ora ritenuta nemica, fu occupato da truppe tedesche, mentre nei vari fronti di guerra i soldati italiani erano disorientati.

Il re e il governo si trasferirono da Roma a Brindisi (territorio controllato dagli Alleati) senza lasciare disposizioni alle istituzioni. Il 13 ottobre 1943 il gen. Badoglio dichiarò guerra alla Germania, mentre i soldati italiani catturati venivano inviati nei campi di concentramento tedeschi.

La Repubblica di Salò, la lotta partigiana

Truppe speciali tedesche avevano intanto liberato Mussolini che costituì uno Stato fascista, la Repubblica sociale italiana, nei territori italiani occupati dai tedeschi e con sede a Salò. Fu uno stato collaborazionista, simile a quello francese di Vichy. Creò un proprio esercito e delle milizie volontarie (le “Brigate nere”). L'Italia si divise tra “governo del Nord” e “governo del Sud”.

Da tempo esistevano gruppi clandestini, formati dagli appartenenti ai partiti che il Fascismo aveva messo fuori legge, che nelle città cercavano di attuare una resistenza alla dittatura.

Dopo l'8 settembre 1943 a questi gruppi si unirono militari “sbandati”, giovani che non volevano far parte dell'esercito collaborazionista di Salò, volontari. Così nel Nord Italia, la resistenza divenne un
movimento armato, i cui membri (“partigiani”) compivano azioni di guerriglia contro le truppe tedesche e fasciste. Vivevano soprattutto in montagna, ricevevano aiuto dalla popolazione e talvolta dagli Alleati.

Le forze politiche italiane avverse al fascismo (e all'occupazione tedesca) cercarono di coordinare le loro azioni costituendo i Comitati di Liberazione Nazionale (CLN); non si fidavano però del governo Badoglio e di Vittorio Emanuele III. La situazione si chiarì quando il re si impegnò ad abdicare in favore del figlio Umberto II e Badogliò lasciò il governo a Ivanoe Bonomi.

L'avanzata degli Alleati e la liberazione dell'Italia

Le truppe Alleate avanzavano da Sud: conquistarono Napoli, ma vennero fermate dai tedeschi lungo un fronte intorno all'abbazia di Cassino (“linea Gustav”). Solo nel maggio 1944, dopo aspri combattimenti, gli Alleati conquistarono Roma e proseguirono verso Nord fino a Firenze, ma incontrarono un nuovo fronte tedesco (“linea Gotica”) sull'Appennino tosco-emiliano a difesa della Pianura Padana.

Alcune brigate di partigiani liberarono vaste zone del Nord Italia, ma le truppe tedesche risposero all'azione partigiana con rastrellamenti e sanguinose rappresaglie, spesso contro la popolazione civile (strage delle Fosse Ardeatine a Roma, di Marzabotto nell'Appennino bolognese).

Nonostante lo scontro con i tedeschi e i fascisti fosse stato particolarmente duro nell'inverno 1944-45, i CLN riuscirono a liberare molte città del Nord con una insurrezione generale (25 aprile 1945), mentre gli Alleati superavano l'ultima difesa tedesca. Catturato, Mussolini venne ucciso. I tedeschi firmarono la resa.

La nascita della repubblicana

Termina la guerra bande armate continuarono a commettere violenze e delinquenti comuni furti e rapine. La legalità venne ripristinata con fatica.

Occorreva ricostruire lo Stato italiano distrutto dalla guerra e dalla dittatura fascista: occorreva innanzitutto decidere se proseguire con la monarchia Savoia. Il governo Bonomi indisse per il 2 giugno 1946 un refedendum: per la prima volta votarono le donne e prevalse la repubblica con circa il 55% dei voti. Il re Umberto II andò in esilio in Portogallo.

Lo stesso giorno (non si votava da circa vent'anni) si elessero i membri dell'Assemblea Costituente che avrebbe dovuto redigere la nuova costituzione: si affermarono la Democrazia Cristiana (partito cattolico erede del Partito Popolare) guidata da Alcide De Gasperi, il Partito Socialista guidato da Pietro Nenni, il Partito Comunista guidato da Palmiro Togliatti.

Enrico De Nicola venne nominato Presidente della Repubblica, mentre al primo governo democratico dopo il fascismo, temporaneamente guidato da Alcide De Gasperi, parteciparono tutti i partiti.

Intanto l'Assemblea Costituente redasse e approvò la Costituzione repubblicana che entrò in vigore il 1 gennaio 1948. Il 18 aprile 1948 si svolsero le elezioni per il primo Parlamento della Repubblica Italiana.