Il regime fascista

Mussolini iniziò a trasformare l'Italia in una dittatura.

Modificò le istituzioni (il Gran Consiglio del Fascismo prese il posto del Parlamento)ed eliminò molti diritti politici (i partiti, la libertà di stampa); creò una
polizia speciale per controllare gli oppositori. Le elezioni vennero trasformate in plebisciti (accettare o rifiutare i candidati proposti dal Partito Fascista); al posto dei Sindaci (eletti dai cittadini) vennero istituiti i Podestà (nominati dal Governo).

Tolse potere ai sindacati, sostituendoli con le
corporazioni (associazioni di imprenditori e lavoratori di ciascun settore industriale): fu vietato lo sciopero.

La gran parte degli intellettuali aderì al fascismo. I leader dei partiti politici (ormai fuorilegge) vennero arrestati, mandati al confino, talvolta uccisi o dovettero espatriare. Pochi riuscirono a resistere clandestinamente.

Mussolini decise di intervenire nell'economia, superando le idee liberiste.

Cercò di rendere autosufficiente l'Italia perché non avesse bisogno di importazioni, soprattutto nel settore agricolo (“battaglia del grano”). Dopo la crisi economica del '29, fece costruire molte opere pubbliche (strade, le prime autostrade, bonifiche di zone paludose) per ridurre la disoccupazione. Lo Stato finanziò le industrie in difficoltà e talvolta ne acquistò le azioni, diventandone il proprietario.

Mussolini decise di chiarire la contrapposizione con il Papa (la “questione romana” nata con l'unità d'Italia): nel 1929 firmò con la Chiesa i Patti Lateranensi che creavano lo Stato della Città del Vaticano e facevano del cattolicesimo la religione di Stato.

Il fascismo divenne un regime totalitario, che cercava cioè di controllare la società attraverso il consenso dei cittadini.

Utilizzò la scuola e nuove organizzazioni giovanili di tipo militare (“Gioventù Italiana del Littorio”) per creare “l'uomo fascista”, educato all'amore della patria, allo sport, all'ordine e alla disciplina.

Creò organizzazioni per il tempo libero dei ragazzi (colonie estive) e degli adulti (dopolavoro) controllate dal Partito Fascista. Coinvolse il popolo in una serie di gesti (il saluto romano, il “voi”) e di simbologie (il fascio littorio, l'aquila imperiale, il titolo di “Duce” dato a Mussolini) ripresi dall'Impero Romano, del quale voleva imitare la grandezza.

Mussolini curò il culto della sua persona, utilizzando la stampa, la radio e il cinema (sempre sottoposti a censura) come arma di propaganda, per diffondere i suoi discorsi alla nazione.

In politica estera il Fascismo riprese la politica coloniale. Con il consenso di Francia e Regno Unito conquistò l'Etiopia (con una superficie quadrupla di quella italiana) e poté proclamare l'Impero Fascista. Il consenso popolare al regime fascista raggiunse l'apice!

Tuttavia la Società delle Nazioni impose ai suoi aderenti il divieto di commerciare con l'Italia (sanzioni economiche). Mussolini incentivò l'autarchia economica e strinse legami sempre più stretti con la Germania (che non faceva parte della Società delle Nazioni), fino alla sottoscrizione di un patto di reciproco aiuto militare (il “Patto d'acciaio”).

Il primo dopoguerra in Italia

Dopo la Prima Guerra Mondiale, i nazionalisti italiani ritenevano di aver avuto una “vittoria mutilata” e si misero in azione. Un gruppo di ex-combattenti, guidati da Gabriele D'Annunzio, occupò la città di Fiume che, con un trattato internazionale, venne resa indipendente e successivamente italiana.

Si affermarono nuovi partiti politici.

Il Partito Socialista, nato nel 1892, aveva avuto la maggioranza dei voti nelle prime elezioni del dopoguerra, ma era diviso tra riformisti, che credevano alla democrazia, e massimalisti, che auspicavano una rivoluzione. Questi ultimi costituirono il Partito Comunista.

Il Partito Popolare venne fondato dal sacerdote Luigi Sturzo e per la prima volta permise ai cattolici di fare politica; si basava sulla dottrina sociale della Chiesa (ricorda la “Rerum Novarum”) e proponeva il dialogo tra le classi sociali.

I Fasci di combattimento, poi diventati Partito Nazionale Fascista, furono fondati da Benito Mussolini, ex socialista. Si contrapponeva sia al liberalismo (di cui non apprezzava i metodi democratici), sia al socialismo (di cui non condivideva le finalità). Si basava su idee nazionaliste e autoritarie: trovò consenso tra gli ex-combattenti e la borghesia.

La crisi economica causata dalla guerra (inflazione e disoccupazione) fece crescere la rabbia. Gli operai (soprattutto nel “triangolo industriale”) e i contadini organizzarono molte manifestazioni e cercarono di impossessarsi delle fabbriche e delle terre (“biennio rosso”). Molti temevano una rivoluzione comunista; il re, preoccupato, richiamò Giolitti al governo il quale, con alcune concessioni, calmò i manifestanti. Ma deluse la borghesia.



Il fascismo al potere

Intanto il Partito Fascista aveva organizzato gruppi armati che compivano “azioni punitive” contro le sedi socialiste e i cattoliche (cooperative, camere del lavoro, etc.) che avevano organizzato le manifestazioni. Nessuno li ostacolò, perché molti cominciarono a credere che il fascismo potesse riportare l'ordine che neanche Giolitti (che si era dimesso) riusciva a mantenere.

Nell'ottobre del 1922 i gruppi armati fascisti si diedero appuntamento a Roma (“marcia su Roma”) per mostrare la loro forza. Il re Vittorio Emanuele III decise allora di nominare Mussolini primo ministro.

Il nuovo primo ministro cercò di togliere potere al Parlamento. Creò un esercito privato (“Milizia”) e un organo consultivo (“Gran Consiglio”) composto dai capi del partito.

Nel 1924 il Partito Fascista vinse le elezioni, ma non sempre in modo legale (schede manomesse, intimidazioni...). Giacomo Matteotti, deputato socialista che denunciò i brogli, venne rapito e ucciso. A nulla valsero le proteste di molti parlamentari che abbandonarono le riunioni: entro un anno Mussolini fece approvare leggi (chiamate “leggi fascistissime”) che abolivano molte libertà e tutti i partiti (tranne quello fascista). I parlamentari erano dichiarati decaduti e il Parlamento non aveva più potere.