Il primo dopoguerra in Italia

Dopo la Prima Guerra Mondiale, i nazionalisti italiani ritenevano di aver avuto una “vittoria mutilata” e si misero in azione. Un gruppo di ex-combattenti, guidati da Gabriele D'Annunzio, occupò la città di Fiume che, con un trattato internazionale, venne resa indipendente e successivamente italiana.

Si affermarono nuovi partiti politici.

Il Partito Socialista, nato nel 1892, aveva avuto la maggioranza dei voti nelle prime elezioni del dopoguerra, ma era diviso tra riformisti, che credevano alla democrazia, e massimalisti, che auspicavano una rivoluzione. Questi ultimi costituirono il Partito Comunista.

Il Partito Popolare venne fondato dal sacerdote Luigi Sturzo e per la prima volta permise ai cattolici di fare politica; si basava sulla dottrina sociale della Chiesa (ricorda la “Rerum Novarum”) e proponeva il dialogo tra le classi sociali.

I Fasci di combattimento, poi diventati Partito Nazionale Fascista, furono fondati da Benito Mussolini, ex socialista. Si contrapponeva sia al liberalismo (di cui non apprezzava i metodi democratici), sia al socialismo (di cui non condivideva le finalità). Si basava su idee nazionaliste e autoritarie: trovò consenso tra gli ex-combattenti e la borghesia.

La crisi economica causata dalla guerra (inflazione e disoccupazione) fece crescere la rabbia. Gli operai (soprattutto nel “triangolo industriale”) e i contadini organizzarono molte manifestazioni e cercarono di impossessarsi delle fabbriche e delle terre (“biennio rosso”). Molti temevano una rivoluzione comunista; il re, preoccupato, richiamò Giolitti al governo il quale, con alcune concessioni, calmò i manifestanti. Ma deluse la borghesia.



Il fascismo al potere

Intanto il Partito Fascista aveva organizzato gruppi armati che compivano “azioni punitive” contro le sedi socialiste e i cattoliche (cooperative, camere del lavoro, etc.) che avevano organizzato le manifestazioni. Nessuno li ostacolò, perché molti cominciarono a credere che il fascismo potesse riportare l'ordine che neanche Giolitti (che si era dimesso) riusciva a mantenere.

Nell'ottobre del 1922 i gruppi armati fascisti si diedero appuntamento a Roma (“marcia su Roma”) per mostrare la loro forza. Il re Vittorio Emanuele III decise allora di nominare Mussolini primo ministro.

Il nuovo primo ministro cercò di togliere potere al Parlamento. Creò un esercito privato (“Milizia”) e un organo consultivo (“Gran Consiglio”) composto dai capi del partito.

Nel 1924 il Partito Fascista vinse le elezioni, ma non sempre in modo legale (schede manomesse, intimidazioni...). Giacomo Matteotti, deputato socialista che denunciò i brogli, venne rapito e ucciso. A nulla valsero le proteste di molti parlamentari che abbandonarono le riunioni: entro un anno Mussolini fece approvare leggi (chiamate “leggi fascistissime”) che abolivano molte libertà e tutti i partiti (tranne quello fascista). I parlamentari erano dichiarati decaduti e il Parlamento non aveva più potere.

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