La II Guerra Mondiale in Italia

La fine del fascismo e l'armistizio

Il regime fascista cominciò a perdere il consenso della gente dopo le sconfitte militari, soprattutto in Nord Africa e in Russia, e l'inizio dei bombardamenti di USA e Regno Unito sulle città italiane.

Nel 1943 iniziarono varie forme di protesta:

  • alcuni scioperi (allora vietati) nel Nord Italia ;

  • la ripresa dell'attività di propaganda clandestina da parte dei partiti politici (messi fuori legge);

  • disaccordi tra i capi (“gerarchi”) dello stesso Partito Fascista.

Quando nel luglio 1943 USA e Regno Unito sbarcarono in Sicilia senza trovare resistenza, i capi del Fascismo pensarono di trattare con i nemici, ma Mussolini si oppose. I gerarchi allora, d'accordo col re Vittorio Emanuele III, votarono un documento (la “mozione Grandi”) con la quale si toglieva fiducia al “duce”.

Il re di conseguenza affidò il governo al gen. Badoglio e fece arrestare Mussolini perché non guidasse una reazione fascista.

Badoglio, proclamandosi ancora alleato della Germania, si accordò segretamente con gli avversari per raggiungere un armistizio. L'8 settembre 1943 tale accordo venne reso pubblico: immediatamente il territorio dell'Italia, ora ritenuta nemica, fu occupato da truppe tedesche, mentre nei vari fronti di guerra i soldati italiani erano disorientati.

Il re e il governo si trasferirono da Roma a Brindisi (territorio controllato dagli Alleati) senza lasciare disposizioni alle istituzioni. Il 13 ottobre 1943 il gen. Badoglio dichiarò guerra alla Germania, mentre i soldati italiani catturati venivano inviati nei campi di concentramento tedeschi.

La Repubblica di Salò, la lotta partigiana

Truppe speciali tedesche avevano intanto liberato Mussolini che costituì uno Stato fascista, la Repubblica sociale italiana, nei territori italiani occupati dai tedeschi e con sede a Salò. Fu uno stato collaborazionista, simile a quello francese di Vichy. Creò un proprio esercito e delle milizie volontarie (le “Brigate nere”). L'Italia si divise tra “governo del Nord” e “governo del Sud”.

Da tempo esistevano gruppi clandestini, formati dagli appartenenti ai partiti che il Fascismo aveva messo fuori legge, che nelle città cercavano di attuare una resistenza alla dittatura.

Dopo l'8 settembre 1943 a questi gruppi si unirono militari “sbandati”, giovani che non volevano far parte dell'esercito collaborazionista di Salò, volontari. Così nel Nord Italia, la resistenza divenne un
movimento armato, i cui membri (“partigiani”) compivano azioni di guerriglia contro le truppe tedesche e fasciste. Vivevano soprattutto in montagna, ricevevano aiuto dalla popolazione e talvolta dagli Alleati.

Le forze politiche italiane avverse al fascismo (e all'occupazione tedesca) cercarono di coordinare le loro azioni costituendo i Comitati di Liberazione Nazionale (CLN); non si fidavano però del governo Badoglio e di Vittorio Emanuele III. La situazione si chiarì quando il re si impegnò ad abdicare in favore del figlio Umberto II e Badogliò lasciò il governo a Ivanoe Bonomi.

L'avanzata degli Alleati e la liberazione dell'Italia

Le truppe Alleate avanzavano da Sud: conquistarono Napoli, ma vennero fermate dai tedeschi lungo un fronte intorno all'abbazia di Cassino (“linea Gustav”). Solo nel maggio 1944, dopo aspri combattimenti, gli Alleati conquistarono Roma e proseguirono verso Nord fino a Firenze, ma incontrarono un nuovo fronte tedesco (“linea Gotica”) sull'Appennino tosco-emiliano a difesa della Pianura Padana.

Alcune brigate di partigiani liberarono vaste zone del Nord Italia, ma le truppe tedesche risposero all'azione partigiana con rastrellamenti e sanguinose rappresaglie, spesso contro la popolazione civile (strage delle Fosse Ardeatine a Roma, di Marzabotto nell'Appennino bolognese).

Nonostante lo scontro con i tedeschi e i fascisti fosse stato particolarmente duro nell'inverno 1944-45, i CLN riuscirono a liberare molte città del Nord con una insurrezione generale (25 aprile 1945), mentre gli Alleati superavano l'ultima difesa tedesca. Catturato, Mussolini venne ucciso. I tedeschi firmarono la resa.

La nascita della repubblicana

Termina la guerra bande armate continuarono a commettere violenze e delinquenti comuni furti e rapine. La legalità venne ripristinata con fatica.

Occorreva ricostruire lo Stato italiano distrutto dalla guerra e dalla dittatura fascista: occorreva innanzitutto decidere se proseguire con la monarchia Savoia. Il governo Bonomi indisse per il 2 giugno 1946 un refedendum: per la prima volta votarono le donne e prevalse la repubblica con circa il 55% dei voti. Il re Umberto II andò in esilio in Portogallo.

Lo stesso giorno (non si votava da circa vent'anni) si elessero i membri dell'Assemblea Costituente che avrebbe dovuto redigere la nuova costituzione: si affermarono la Democrazia Cristiana (partito cattolico erede del Partito Popolare) guidata da Alcide De Gasperi, il Partito Socialista guidato da Pietro Nenni, il Partito Comunista guidato da Palmiro Togliatti.

Enrico De Nicola venne nominato Presidente della Repubblica, mentre al primo governo democratico dopo il fascismo, temporaneamente guidato da Alcide De Gasperi, parteciparono tutti i partiti.

Intanto l'Assemblea Costituente redasse e approvò la Costituzione repubblicana che entrò in vigore il 1 gennaio 1948. Il 18 aprile 1948 si svolsero le elezioni per il primo Parlamento della Repubblica Italiana.

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