Colonialismo nel Novecento
Il colonialismo non era un fenomeno nuovo (Spagnoli e Portoghesi nell'America Centrale e Meridionale, Inglesi e Francesi nell'America Settentrionale, etc.), ma alla fine dell'Ottocento assunse forme nuove.
Molti furono i motivi.
Spinte dalla rivoluzione industriale, la grandi potenze si sentivano superiori e cercavano nuove materie prime e popoli a cui vendere i propri prodotti per scongiurare crisi di sovrapproduzione.
Spinte dall'orgoglio nazionale (nazionalismo), rivaleggiavano nell'estendere le colonie.
Spinte dal sentimento di superiorità della razza bianca, credevano di poter sottomettere gli altri popoli.
Spinte dalla convinzione della superiorità della civiltà occidentale, si sentivano in dovere di migliorare la condizioni di vita dei popoli sottomessi (il “fardello dell'uomo bianco”).
Spesso venivano inviati missioni esplorative, alle quali seguivano commercianti, industriali e militari. Alle colonie vennero imposti un rigido controllo militare, le proprie leggi e la propria cultura.
Questo fenomeno prese il nome di imperialismo (costruzione di un impero) e si rivolse verso l'Africa e l'Asia.
Per evitare scontri, la grandi potenze si riunirono nella Conferenza di Berlino e si accordarono per spartirsi l'Africa. Scontrandosi con l'Impero Ottomano e i deboli Stati africani, nei vent'anni successivi tutti i territori vennero conquistati e furono creati pochi stati dai confini arbitrari, senza badare alle tradizioni locali.
Gli occidentali portarono effettivamente molte innovazioni (scuole, ospedali, nuove tecniche agricole), ma spesso trasformarono l'economia esclusivamente a loro vantaggio (estrazione di materie prime, monocolture per l'esportazione).
In Asia il millenario Impero Cinese, abbastanza potente da resistere agli eserciti europei, non venne colonizzato, ma fu costretto a stipulare “trattati ineguali”, che prevedevano concessioni di porti e sfruttamento della materie prime a favore degli Occidentali. Un gruppo di patrioti cinesi si ribellò (rivolta dei Boxers = “pugili”), ma venne repressa dagli eserciti stranieri.
L'economia dell'Impero Indiano era controllata fin dal '700 dalla Compagnie inglese delle Indie Orientali; a metà '800 divenne formalmente una colonia dell'Inghilterra, che controllava così circa un quarto della superficie di tutto il Pianeta!
La Penisola Indocinese era nelle mani della Francia; l'Arcipelago Indonesiano in quelle dei Paesi Bassi.
Anche l'Italia iniziò la sua politica coloniale.
Dopo l'apertura del Canale di Suez, riuscì a conquistare l'Eritrea e a imporre il suo protettorato sulla Somalia; quando tuttavia cercò di penetrare in Etiopia (o Abissinia) il suo re (“negus”) reagì e sconfisse le truppe italiane: l'Italia firmò allora il Trattato di Uccialli che le riconosceva vari possedimenti. Quando però, alcuni anni dopo, l'Italia cercò nuovamente di conquistare l'Etiopia venne definitivamente sconfitta (battaglia di Adua) e il Primo Ministro Crispi dovette dimettersi.
Nel 1911-12 Giolitti riprenderà la politica coloniale: non potendo occupare la vicina Tunisia (in mano alla Francia), si impadronì della Libia, dove si sperava di far emigrare molti italiani, e dell'arcipelago del Dodecaneso, sottratti all'Impero Ottomano.
Le grandi potenze del Novecento - Francia
Dopo il periodo di Napoleone, in Francia era tornata una monarchia costituzionale. Re liberali e re conservatori si erano alternati al trono, finché nel 1848 gli insorti avevano proclamato la repubblica, alla cui presidenza era stato eletto Luigi Bonaparte. Egli in pochi anni si fece proclamare imperatore col nome di Napoleone III (alleato del Piemonte per la Seconda e la Terza Guerra di Indipendenza).
Cercò di rendere grande la Francia partecipando alle guerre del suo tempo, scontrandosi con l'Austria e con la Prussia. Quest'ultima lo sconfisse, gli fece perdere il potere e costrinse la Francia a pagare una forte indennità di guerra e a cedere due regioni economicamente importanti al confine (Alsazia e Lorena). La Francia si sentì umiliata e maturò un desiderio di rivincita (“revanscismo”).
Tornò la repubblica che, dopo la breve esperienze della Comune di Parigi, fu guidata dalla borghesia moderata e promosse molte riforme sociali e cercò di espandere i possedimenti coloniali.
Le grandi potenze del Novecento - La Germania
Il popolo tedesco era suddiviso tra Prussia, Impero Austro-Ungarico e una miriade di piccoli stati, raccolti nella Confederazione Tedesca, nata dopo il Congresso di Vienna. Anch'esso ambiva all'unità, come era successo in Italia.
La Prussia ero lo Stato più potente, sia militarmente che economicamente. Guidata dal re Gugliemo I e dal primo ministro (“cancelliere”) Otto von Bismarch, essa iniziò una politica di annessione. Dapprima si alleò con il Regno d'Italia e si scontrò con l'Austria, lo Stato rivale, che venne sconfitta con la “guerra austro-prussiana” del 1866 (battaglia di Sadowa – terza guerra di indipendenza italiana). La Prussia venne poi attaccata dalla Francia, preoccupata per la sua crescente potenza. La Prussia sconfisse anche la Francia nel 1870, facendo crollare l'impero di Napoleone III (annessione dello Stato Pontificio da parte dell'Italia). Essa divenne così potente che potè unificare tutti gli Stati tedeschi nell'Impero Tedesco (Reich). Il re Guglielmo I ne divenne imperatore; l'Austria non ne faceva parte .
L'impero tedesco terminerà nel 1918, anno della sua trasformazione in una Repubblica (“Repubblica di Weimar”) dopo la sconfitta subita nella Prima Guerra Mondiale.