Il comunismo in Russia

La situazione fino alla Prima Guerra Mondiale

La Russia è una monarchia assoluta, guidata da un imperatore chiamato zar (dal latino “caesar”), fortemente legato alla Chiesa ortodossa, che tiene lo Stato nelle sue mani.

Non si è sviluppata l'industria e l'economia si fonda sull'agricoltura, basata fino al 1861 sulla schiavitù contadina (“servi della gleba” cioè della terra); il popolo vive in una grande miseria.

Lo zar Alessandro II capisce che occorre modernizzare il Paese per poter competere con le altre potenze: crea qualche industria a Mosca e a Pietroburgo con capitali statali, fa affluire imprenditori francesi, costruisce alcune ferrovie (la Transiberiana). Tuttavia ottiene scarsi risultati perché manca una borghesia industriale.

I pochi borghesi che conoscono l'Occidente vorrebbero trasformare il loro Paese ispirandosi alle idee anarchiche o socialiste. Alcuni di loro danno vita a un movimento che cerca di diffondere l'istruzione tra i contadini per prepararli a una rivoluzione. Vengono chiamati “populisti”: sono arrestati e dispersi dalla polizia dello zar.

La Russia aveva un immenso territorio e cercava di conquistarne di ulteriore, soprattutto in Asia. Ma lo zar Nicola II, succeduto ad Alessandro II, aveva subìto nel 1905 una dura sconfitta da parte della flotta giapponese (ricordi?). Le spese per quella guerra avevano ulteriormente peggiorato la vita della gente. Iniziarono manifestazioni pacifiche, ma la dura reazione della polizia dello zar le trasformò in rivolte violente guidate da gruppi socialisti; lo zar fu costretto a creare un Parlamento (“duma”) come in occidente.



La rivoluzione d'ottobre

Lo zar decise di partecipare alla Prima Guerra Mondiale per onorare gli impegni con le altre potenze (soprattutto con la Serbia), ma l'assenza dei giovani, mandati al fronte, mandò in crisi l'economia. Nel febbraio del 1917 scoppiarono numerosi scioperi a Pietroburgo, residenza dello zar e principale centro industriale. Nicola II inviò l'esercito che tuttavia si alleò con gli insorti: lo zar decise di abdicare.

La protesta si diffuse in tutto il Paese generando caos. Si costituì un governo provvisorio, guidato da Kerenskij, che aveva preso il posto dello zar e aveva idee liberali e democratiche. Contemporaneamente si crearono nelle fabbriche e nell'esercito dei gruppi di autogoverno, chiamati “consigli” (in russo “soviet”): erano composti da socialisti, tuttavia divisi tra coloro che volevano seguire la via democratica (“menscevichi”) e coloro che volevano una rivoluzione (“bolscevichi”).

I bolscevichi, di ispirazione comunista, erano capeggiati da Lenin. Egli sostenne (“tesi d'aprile”), che si dovesse firmare subito la pace, distribuire la terra ai contadini, togliere il potere al governo provvisorio per consegnarlo ai soviet.

Nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 1917 i bolscevichi attuarono un colpo di Stato a Pietroburgo e crearono un governo rivoluzionario che tolse le terre ai nobili per assegnarle ai consigli dei contadini e avviò trattative di pace con la Germania.

Questo scatenò una guerra civile che si protrasse per circa tre anni: da una parte i generali fedeli al defunto zar, aiutati dalle potenze occidentali e da molti menscevichi; dall'altra un esercito creato dai bolscevichi, l'Armata Rossa, composto da operai e contadini, guidato da Trotzkij. Vinsero a sorpresa i rivoluzionari.

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